Il Selvaggio Blu in Sardegna è considerato il trekking italiano più difficile ma anche il più spettacolare d’Italia. È un percorso di straordinaria bellezza con un sentiero che si snoda lungo la Costa del Golfo di Orosei, una zona naturale protetta di incredibile bellezza. Ma quali sono le difficoltà nell’affrontare il Selvaggio Blu? Ti racconto la mia esperienza, con guida, su questo magnifico percorso che mi ha regalato una tale quantità di emozioni che mai avevo provato in una esperienza in natura.
Tempo di lettura: ⏱️circa 16 minuti
Questo viaggio è stato realizzato con il supporto di Corsica Ferries che si è occupata della logistica verso la Sardegna e in collaborazione con Alessandro Ruffi, guida Alpina che ha splendidamente guidato questa grande avventura.
Che cos’è il Selvaggio Blu?
Il Selvaggio Blu è un percorso di trekking in Sardegna. In realtà non c’è un unico percorso, Il Selvaggio si snoda con le sue tante possibilità nel Parco Nazionale del Golfo di Orosei, una zona protetta e incontaminata che racchiude al suo interno alcune tra le spiagge più belle della Sardegna, ma anche trekking e percorsi che si svolgono attraverso la macchia mediterranea e i boschi di ginepro.
Potrebbe essere semplice intuire per quale ragione si chiama Selvaggio Blu: Selvaggio perché l’ambiente è decisamente selvaggio e il trekking in linea di massima richiede un po’ di spirito di adattamento, Blu perchè lungo il percorso è fin troppo facile confondere il blu del mare con il blu del cielo che accompagna dal primo all’ultimo passo.
Quindi non è “Sentiero Blu“, non è “Profondo Blu“, ma Selvaggio blu, che si declina in diverse versioni.
Il trekking non è un trekking “antico” è stato creato alla fine degli anni ’80 da due Guide Alpine, ricalcando in parte gli antichi percorsi che percorrevano i pastori nelle transumanze.
Antichi sentieri che di tanto in tanto sono intervallati dagli ovili, antiche, tipiche e particolari costruzioni che sono costruite con le pietre e con i tronchi di ginepro. Delle vere opere d’arte architettoniche che oltretutto profumano del legno del ginepro.
Questo trekking leggendario è considerato uno dei più difficili d’Italia, se non addirittura d’Europa, per una serie di ragioni. Innanzitutto, il terreno selvaggio e inospitale richiede una buona preparazione fisica e mentale, con tratti esposti e passaggi tecnici che mettono alla prova anche i più esperti escursionisti. Inoltre, il percorso attraversa paesaggi mozzafiato ma remoti, dove la logistica e l’orientamento possono essere sfidanti. Tuttavia, è proprio questa sfida che rende il Selvaggio Blu così affascinante e gratificante per coloro che osano affrontarlo.
Vuoi avere un’idea “video” di che cosa è il Selvaggio Blu? Guardati questo video
Dove si trova il Selvaggio Blu
Il trekking si snoda in una delle zone più belle e selvagge della Sardegna. Il percorso parte da Santa Maria Navarrese e arriva a Cala Sisine. Ufficialmente si snoda all’interno del Golfo di Orosei e del Parco Nazionale del Golfo di Orosei e del Gennargentu attraversando zone impervie, sentieri perfetti per le capre, alcune delle spiagge più belle della Costa Est della Sardegna.
Se chi lo ha “creato” lo ha chiamato “Selvaggio”, ha avuto le sue buone ragioni e dopo averlo percorso e aver ascoltato i racconti di chi in questi luoghi ci vive e ci lavora, non posso fare altro che confermare che si tratta davverso di un percorso selvaggio, avventuroso e molto sfidante.
La partenza del trekking è ufficialmente stabilita a Santa Maria Navarrese in provincia di Nuoro e la prima tappa porta verso la famosa Pedra Longa: una guglia di calcare dolomitico che svetta per 128 metri sul mare, dichiarato monumento naturale e meta prediletta di arrampicatori che vengono da ogni parte d’Europa.
Per la versione di Selvaggio Blu che ho percorso io, Pedra Longa è stata la partenza ufficiale del trekking.
Chi organizza il Selvaggio Blu?
Il Selvaggio Blu è un trekking particolare che può essere percorso in diverse modalità. Dopo la creazione negli anni ’80 in realtà si sono sviluppate una serie di varianti che accorciano o allungano il percorso. La cosa complessa dell’organizzazione del Selvaggio Blu è proprio trovare il percorso, perché per la maggior parte dei chilometri il percorso non è segnato.
Per questa ragione nella maggior parte dei casi, questo percorso va affrontato avvalendosi di guide esperte e scegliendo la formula che più si adatta alla propria idea di trekking.
Perché dico scegliere la formula? Perché in realtà le difficoltà oggettive nell’organizzazione e nella realizzazione di questa impresa, sono più di una, più del fatto che il sentiero non è segnato, ma anche per il fatto che il percorso, in molte delle varianti, è costellato da difficoltà tecniche, assenza di acqua, assenza di segnale telefonico.
Zaino per autonomia per 5-6 giorni, assenza quasi totale di acqua lungo il percorso e tratti tecnici da affrontare comporterebbero un equipaggiamento talmente completo e talmente “pesante” che percorrere il Selvaggio Blu diventerebbe un supplizio più che un’avventura meravigliosa.
Per questa ragione ci si affida alle guide che organizzano anche la logistica relativa alle provviste e soprattutto all’acqua, che sanno orientarsi in zone impervie e senza segnaletica, che sono in grado di dare il loro supporto per i tratti tecnici, infatti nell’attrezzatura necessaria da avere sempre allo zaino serve caschetto e imbrago per le numerose e divertenti calate in corda doppia e i brevi tratti di arrampicata.
Le guide solitamente si avvalgono del supporto delle cooperative locali che permettono di organizzare i rifornimenti e il traporto dell’attrezzatura più pesante e ingombrante in modo da poter essere sufficientemente “liberi” e leggeri durante le tappe giornaliere.
Quindi un Selvaggio Blu si può organizzare anche in autonomia, ma sei stai leggendo questo post, forse hai necessità di trovare informazioni rassicuranti e non sei così esperto da poter andare da solo. L’ultima sera quando siamo rientrati a Santa Maria Navarrese l’host che ci ospitava per l’utima notte, ha raccontato episodi terribili di persone partite in solitaria e ritrovate dopo anni. Affidati agli esperti l’avventura sarà avventurosa, molto avventurosa, ma senza preoccupazioni.
Affrontare il Selvaggio Blu con una Guida Alpina, permette di affrontare quei tratti spettacolari e adrenalici che permettono calate e arrampicate, diversamente devi essere davvero esperto per poterti permettere di farlo in autonomia.
Le difficoltà di questo trekking in Sardegna
Ti voglio raccontare quali sono le difficoltà che s’incontrano in questo trekking in modo che tu possa valutare se è un trekking adatto a te.
Ci sono difficoltà che dipendono dalla preparazione fisica e mentale di ciascuno di noi, ma anche difficoltà oggettive:
Orientamento sul percorso
Il percorso non è segnalato. C’è un breve tratto su una delle tratte intermedie in cui si possono riconoscere, seppur sbiaditi, i bolli blu identificativi del sentiero. Non aspettarti di trovare le segnalazioni rosse e bianche del CAI, cartelli attaccati agli alberi oppure verniciati sui sassi. No, nessuna indicazione, per questa ragione è fondamentale affidarsi a chi conosce il percorso e a chi sa come orientarsi di volta in volta a seconda delle situazioni. Ti faccio un esempio: quando l’ho fatto io la cooperativa che si occupava della logistica ci doveva assicurare i rifornimenti attraverso il trasporto via mare con gommone, purtroppo il mare è stato in condizioni avverse per un paio di giorni e quindi il nostro percorso è stato modificato perchè la tappa non poteva terminare alla spiaggia perchè il gommone non avrebbe potuto attraccare, quindi la tappa è stata modificata per arrivare ad un punto bivacco diverso dove l’organizzazione logistica potesse arrivare con le jeep. La modifica del percorso è stata fatta strada facendo. La guida ha ritracciato il percorso attraverso il GPS e la carta della zona.
Capacità tecniche di alpinismo e arrampicata
Lungo il percorso classico, ho già detto che esistono diverse varianti, tra cui anche una che si chiama Selvaggio Blu light che non comprende le parti tecniche, ci sono tratti da affrontare calandosi in corda doppia o piccole pareti da arrampicare. Io non ho nessuna capacità tecnica in questo senso e l’essere accompagnati da una Guida Alpina, permette alle persone come me, che non hanno mai avuto esperienze di questo genere. L’importante è non avere paura del vuoto, perché fare calate in corda doppia significa scendere lungo una parete verticale, attaccati ad una corda attraverso l’imbrago e rimanere sospesi nel vuoto. Alcune calate sono più brevi altre più lunghe, la Guida Alpina è la figura che ti consente di scendere in sicurezza, che ti insegna, che ti spiega, che ti assicura e che controlla che il tuo imbrago e la tua corda siano in ordine. Ti puoi affidare con assoluta serenità alla tua guida.
Spirito di adattamento: è fondamentale sul percorso Selvaggio Blu
Questo non è un trekking facile nemmeno per il modo in cui si affronta, non è un trekking o un cammino in cui a fine tappa si arriva in un rifugio, in un paese o in hotel, a fine tappa bisogna montare la tenda, cucinare per la cena, organizzare per la colazione della mattina successiva.
Le tappe che io ho affrontato sono state scelte dalla guida che ha deciso la modalità di frazionamento del percorso e anche il termine di ciascuna tappa.
Bisogna ricordare che siamo all’interno di un’area protetta, quindi il campo si può allestire solo in determinate zone che sono state preddisposte dall’Ente Parco, in più bisogna comunque raggiungere un punto che sia accessibile o alle jeep o al gommone che fanno servizio logistico.
Le tappe che ho percorso io ci hanno portato a dormire in un ovile la prima sera, in un posto meraviglioso, dove il pastore ci ha preparato la cena: una serata magnifica. La notte che abbiamo passato al chiuso nell’ovile ho comunque dormito sul mio materassino con il mio sacco a pelo in terra. Le altre notti invece le ho passate tutte in tenda: quindi adattamento per dormire in tenda, adattamento per il fatto che quando arrivi distrutto dalla tappa devi anche montare la tenda e preparare la cena, che si prepara tutti insieme con le provviste portate dall’organizzazione e preparate in anticipo dalla guida.
La doccia e il bagno? Dimentica queste comodità. Non c’è bagno e non c’è doccia per tutto il percorso, la Guida ti spiega esattamente come comportarti, anche perché non si può lasciare a terra niente. Per quanto riguarda la doccia, la guida con cui ho camminato aveva organizzato una tanica di acqua a uso igiene. ma la tanica era da 10 litri, eravamo in 8 a doverci lavare, quindi si tratta proprio di fare una passata veloce e leggera, in mezzo al bosco o dietro una roccia dove la tanica veniva appesa come fosse una doccia.
Qual è il periodo migliore per il Selvaggio Blu?
I periodi migliori per percorrere questo straordinario percorso sono la primavera e l’autunno, la mia prima edizione è stata tra fine ottobre e inizio novembre: clima ottimo, qualche goccia di pioggia nell’ultima giornata, mare perfetto per fare il bagno, temperature ideali per camminare e per dormire in tenda. Ovviamente andando verso l’estate potrebbe essere troppo caldo e in inverno potrebbe esserci più freddo e vento, ma le guide che accompagnano attraverso il trekking Selvaggio Blu generalmente organizzano i gruppi sempre nelle stagioni intermedie perché sono le migliori per vivere l’esperienza al meglio.
Selvaggio blu con la guida: tappe, attrezzatura, emozioni
Le tappe del Selvaggio Blu possono essere percorse in 5/6 giorni. Il mio Slevaggio Blu si è svolto in 5 giorni.
Selvaggio Blu: le tappe
Le tappe del Selvaggio Blu che ho percorso io sono state:
- Pedra Longa – Ovile Us Piggius
- Ovile Us Piggius – Iribidossili
- Genna Mudregu – Su Tasarau
- Su Tasarau – Cala Biriala
- Cala Biriala – Cala Sisine
Le tappe così da sole non è che siano proprio indicative, perchè come ho già detto diverse volte in realtà i percorsi hanno diverse varianti e non è sufficiente pensare “parto da un punto A per arrivare ad un punto B” perchè in mezzo ai punti A e B ci sta un mondo, ma un mondo per davvero. È successo di dover cambiare leggermente i programmi in corso di cammino e non è facile trovare la strada giusta al primo colpo. Per questa ragione se non sei super esperto è davvero difficile che tu possa riuscire a cavartela da solo tra pietraie, frane, boschi, macchia mediterranea, mare e pareti di roccia calcarea.
Attrezzatura necessaria per il Selvaggio Blu
Visto che è la guida che decide in che modo verrà effettuato il percorso, è sempre la guida che ti consiglia e suggerisce l’attrezzatura che devi procurarti.
Ad esempio sul Selvaggio Blu light che non prevede i tratti con calate e arrampicate, imbrago e caschetto sono davvero superflui, i sentieri che vengono percorsi passano molto più all’interno, e si perde un pò della magia avventurosa, ma ovviamente non tutti possono amare uscire dalle proprie abitudini e gettarsi in avventure un po’ più “estreme“.
L’estremo della versione classica del Selvaggio Blu consiste proprio nel fatto che i pernottamenti sono sempre previsti in ovili (dove si dorme a terra) o in campi tendati (dove si dorme a terra), dove le cene sono auto produzioni, dove il bagno non c’è per 5 giorni, dove ad ogni tratta si affrontano terreni e caratteristiche del percorso tutte differenti.
Quindi in un Selvaggio Blu classico, fatto con la guida, dove il percorso è sempre deciso dalla guida, è la guida che decide che attrezzatura è necessaria. Io ti posso elencare quello che avevo preparato io.
- borsone impermeabile da barca. Durante il selvaggio blu abbiamo camminato con lo stretto necessario perchè era previsto che i rifornimenti arrivassero via mare tramite gommone. La borsa è necessaria per essere certi di ricevere i vestiti asciutti. Ti mostro il mio borsone impermeabile per darti un’idea di che cosa puoi andare a cercare. Il mio borsone era come quello che trovi qui, in versione 75 litri, Alessandro aveva detto 90 litri, ma io ci ho fatto entrare tutto quello che mi serviva
- uno zaino da 30 litri al massimo: si cammina con il minimo indispensabile durante il giorno, non serve necessariamente uno zaino incredibilmente grande, nello zaino una delle cose pià importanti da trasportare è l’acqua, anche il cibo per il pranzo in realtà è molto minimal: noi abbiamo spesso pranzato con frutta e barrette.
- Una tenda piccola e veloce da montare e smontare. In realtà sì, deve essere piccola e leggera, ma in realtà la tenda è tra l’attrezzatura che viene trasportata dal gommone o dalla jeep, quindi non è nemmeno neessario che sia estreamente leggera. Ovvio non può essere una super tenda da 6 persone perchè anche in gommone e in jeep il posto è limitato, ma non è necessaria che sia ultra ultra performante in termine di peso. Io avevo una tenda che viene venduta come tenda da 2 ma suppongo che al prossimo Selvaggio Blu da fare con mio marito, ci divertiremo un sacco a dividerci lo spazio interno. La mia tenda la vedi cliccando qui
- Un materassino autogonfiante, di quelli che apri la valvola e prendono l’aria da soli; utilissimo perché a parte l’Ovile dove il pavimento era regolare, ma duro, in tutti gli altri pernottamenti abbiamo dovuto fare i conti con un terreno fatto di sassi e pietre, irregolare, quindi molto comodo il materassino augofiante al posto del classico materassino da palestra che isola molto meno rispetto alle irregolarità. Io avevo anche quello da palestra e lo mettevo sotto al materassino autogonfiante.
- Piatto, posate e bicchiere: io da tempo uso le gavette della Decathlon perchè le ho a casa, le trovi cliccando qui, ne ho una da due persone e una da 4 persone, ma durante l’Alta Via del Granito, ho appreso che esistono anche gavette, o comunque pentole, piatti e bicchieri da zaino in silicone che sono leggeri ma soprattutto occupano davvero poco spazio perché si ripiegano su loro stessi.
- Il resto dell’attrezzatura è tutto quello che ti può essere necessario a livello personale anche se tutto ridotto alle quantità minime: cambi intimo, cambi abbigliamento esterno, beautycase personale, medicinali personale, attrezzatura fotografica personale, battery pack e tutto quanto necessario ridotto all’osso.
Ho insistito un po’ sullo strettamente necessario e minimale perché in realtà il percorso non è una passeggiata, le calate e le arrampicate fatte con uno zaino grande e pesante possono risultare un po’ più difficoltose
Ti ripeto che se deciderai di effettuare il trekking più bello al mondo con l’ausilio della guida, la TUA guida, su cui dovrai nutrire una fiducia maggiore rispetto a quella che riponi in qualsiasi altra persona, saprà dirti esattamente tutto quello che DEVI portare, e tutto quello che invece puoi tralasciare. La mia guida del cuore in questo è davvero scrupolosa: mi ha modificato lo zaino diverse volte.
Che cosa significa percorrere il Selvaggio Blu.
Io lo dico a chiunque me lo chieda: quando a luglio 2023 ho conquistato la mia prima vetta oltre i 4000 metri (il Gran Paradiso), che era un desiderio della vita che attendevo da quando avevo 8 anni, pensavo di aver raggiunto l’apice dell’emozione che io stessa avrei mai potuto raggiungere nella mia vita. Il Selvaggio Blu è andato oltre, oltre le aspettative, oltre l’emozione, oltre la bellezza.
Camminare per 5 giorni in zone remote, incontrando quasi nessun umano, o comunque pochissime persone, doversi montare la tenda a fine tappa, preparare il campo, il fuoco, la cena, condividere le emozioni della giornata con il gruppo mi ha trasportato in una dimensione extra-ordinaria. Le emozioni si svilupanno giorno per giorno. Non c’è una tappa migliore, più bella, più incredibile, ogni giornata riserva sorprese, ogni giornata riesce a farti battere il cuore, ogni giornata ti svela panorami diversi, ogni giornata ti accoglie con terreni diversi, ogni giornata è un crescendo di avventura, eccitazione, attività diverse da fare lungo il percorso.
I colori del mare, della macchia mediterranea, delle pareti calcaree del Golfo di Orosei sono saturi e brillanti e per quanto ti possa dire di immaginare l’ambiente saturo e brillante la nostra immaginazione non può arrivare a figurare la vera tonalità degli scorci e dei panorami che si ammirano durante il percorso.
E Il profumo? Non farai un solo passo senza essere accompagnato dal profumo della macchia mediterranea che con i raggi del sole diventa più intenso, e del Ginepro che nei cuili (gli ovili come li chiamano i sardi) viene usato per creare la copertura delle costruzioni, è un profumo che stordisce e ti fa pensare di essere davvero fortunato ad avere vissuto emozioni così intense.
Ma il Selvaggio Blu sarà alla mia portata? Ce la farò?
Ammetto di essermi fatta la stessa domanda ogni giorno prima di partire, ammetto che nel mio caso c’era un’incognita in più: avevo avuto un infortunio al ginocchio a metà luglio e la partenza per il Selvaggio Blu sarebbe stato alla fine di Ottobre e avevo ripreso gli allenamenti in modo leggero verso la metà di settembre con alti e bassi.
Bisogna sicuramente essere abituati a camminare su terreni non facili! Per terreni non facili intendo terreni dove il fondo non è regolare, dove è possibile trovare discesa e terreno sabbioso, discese e ghiaioni, frane tra rocce grandi e piccole, tra discese e salite. Insomma bisogna avere confidenza con tipi di terreno differenti, e avere un certo controllo sulle proprie gambe e sui propri piedi. Quindi bisogna essere abituati a camminare in montagna, anche se il Selvaggio Blu si trova al mare, il terreno è davvero sfidante.
L’altra caratteristica su cui bisogna interrogarsi è la paura del vuoto, le vertigini, la paura dell’altezza. Io in realtà non avevo mai affrontato delle calate che potessero chiarmarsi tali, mi ero calata in corda doppia in un’esperienza di canyoning ad Alquezar nei Pirenei Spagnoli, ma le calate erano molto meno lunghe di quelle che ho trovato sul Selvaggio Blu, quindi non avevo ben chiaro se avessi avuto il coraggio di lasciarmi andare nel vuoto. In realtà alla prima calata, ho tentennato un po’: Alessandro, la guida mi ha detto “Ti fidi di me?” e in quel momento ho rivisto la scena del film Titanic, quando lui chiede a lei la stessa cosa. In realtà poi sono riuscita a lasciarmi andare ed è stato davvero davvero divertente.
Quindi se non hai paura del vuoto e dell’altezza, ma non hai mai fatto uso di imbraghi e corde, non ti devi preoccupare di altro che affidarti alla pazienza e alle indicazioni della guida che hai scelto per farti accompagnare. La Guida Alpina ha le competenze e autorità per insegnarti e guidarti in questo tipo di attività: la guida ti insegnerà come calarti, si preoccuperà di controllare la tua attrezzatura, controllerà il tuo imbrago e le tue corde e ti guiderà in attività che tu non avrai mai fatto nella tua vita, con serenità e sicurezza, facendoti divertire e magari pensare che scendere in quel modo da dirupo non è poi così male e che si potrebbe pure fare un corso per imparare meglio.
Per il resto occorre ovviamente spirito di adattamento e l’abbiamo già detto, quadricipiti e ginocchia e te lo dice una che lo ha fatto con un ginocchio che non era ancora guarito.
Io dico che se ami il trekking, questo Selvaggio Blu è sicuramente una esperienza da fare almeno una volta nella vita.
Se hai altri dubbi, puoi farmi tutte le domande che vuoi commentando questo post, sarò felicissima di farti scoprire meglio questa avventura incredibile.
Ti è venuta voglia di provare questa impresa?
Se ti è piaciuto questo articolo sulla Sardegna, ne puoi leggere altri che parlano di questa splendida regione:
Maschere sarde: quelle di Ottana e il loro significato
Atzara: l’antico fascino della Sardegna in uno dei suoi borghi
Cortes Apertas: a Fonni si festeggia l’autunno in Barbagia
Luogosanto: nel cuore della Gallura
Berchidda: di presepi, di trekking, di enogastronomia e di Matrimoni
Ti è piaciuto l’articolo condividilo!
Lascia un commento