Luogosanto è nel cuore della Gallura, quella regione della Sardegna molto più famosa per le spiagge stupende, le ville dei VIP e i locali modaioli. Luogosanto è nell’entroterra, mantiene le caratteristiche e le tradizioni e la gastronomia, tipicamente “terrene”. Come ho già avuto modo di dire, per quanto la Sardegna sia un’isola in mezzo al mare, la sua anima è più legata alla terra che al mare.
Luogosanto: la visita cominincia dalla sughera monumentale di Crisciuleddu
Luogosanto (ma anche Locusantu in Gallurese o Logusanto in Sardo) è un concentrato di storia, di tradizioni pastorali e religiose. Oltre che un territorio particolarmente adatto alla produzione del sughero: prodotto tipico della Sardegna.
Il sughero che già avevamo incontrato il giorno precedente nella tenuta Demaniale di Limbara, ha segnato l’inizio della seconda giornata di #BlogsessionInsardegna.
In località Crisciuleddu, a pochissimi chilometri da Luogosanto, ad un’oretta di auto da Olbia in direzione Sassari, la quercia monumentale si lascia guardare.
Beh, è un modo di dire, è impossibile non vedere questa quercia da sughero da dimensioni di tutto rispetto: quasi 4 metri di circonferenza e 20 metri di altezza.
La quercia di Crisciuleddu è una quercia classificata nell’elenco degli alberi monumentali: non solo le dimensioni sono notevoli, ma anche la sua età: è una quercia secolare.
Ed è una quercia da sughero.
Il sughero della Sardegna
La quercia di Crisciuleddu mi fornisce lo spunto per parlarti del sughero. Il sughero è uno dei prodotti tipici della Sardegna, l’estrazione, la lavorazione e la produzione di manufatti di questo materiale, in Sardegna, è una delle principali attività economiche e la regione si contende il titolo della produzione insieme alla Spagna e al Portogallo. Paesi mediterranei con un clima caldo e soleggiato, le condizioni climatiche ideali per le querce da sughero. Sì, perchè le “sughere” sono della famiglia delle querce e producono le ghiande. Il sughero altro non è che una sorta di materiale di scarto, una specie di pelle morta che la quercia lascia crescere attorno al proprio tronco. È un tessuto vegetale che sostuisce l’epidermide che si spacca con la crescita del fusto e dei rami. Per ottenere il sughero, la pianta viene decorticata in due fasi, ma non credere che sia un lavoro semplice.
Ottenere il sughero è un lavoro complesso e lunghissimo: la prima decorticatura che serve per togliere quello che viene chiamato “sugherone” si può effettuare solo al raggiungimento di almeno i 25 anni di vita della pianta e di una certa circonferenza del tronco. Per proteggere la pianta, per non rovinarla e per permettere alla seconda “pelle” di riformarsi e poter estrarre quindi un sughero di buonissima qualità preservando la salute dell’albero, che deve continuare a produrre questo materiale isolante nel corso dei secoli.
La prima decorticatura ha una qualità di prodotto molto inferiore e il sughero di questa prima fase viene solitamente usato per fare manufatti meno pregiati.
Due curiosità su questi super alberi: la produzione del tessuto vegetale che forma il sughero, per la quercia, altro non è che una protezione dagli incendi. Il sughero è isolante per un sacco di cose, anche per il fuoco.
La seconda invece è un anedototto legato alla decorticatura: quando gli alberi vengono decorticati, il tronco assume una caratteristica colorazione rossastra. Si racconta che l’albero diventi rosso per la vergogna di essere stato svestito.
La saggezza popolare.
La seconda decorticatura può avvenire solamente dopo un decennio dalla precedente.
Capisci che l’estrazione del sughero è un lavoro complesso e che il materiale è particolarmente pregiato per i tempi di produzione naturale.
Luogosanto un’infinità di chiese campestri
Le chiesette campestri sono un’istituzione dell’isola di Sardegna. In effetti la nostra giornata nel territorio di Luogosanto è stata dedicata per la maggior parte del tempo alla visita delle chiese campestri.
Io prima di questo tour non avevo mai fatto caso a questa definizione, ma probilmente non ne avevo sentiro mai parlare da nessuno perchè sono davvero una caratteristica della Sardegna. Le chiesette campestri del territorio di Luogosanto sono una moltitudine. Mentre il Presidente della Proloco di Luogosanto ci spiegava la filosofia e le storie che appartangono ad alcune delle chiese campestri del territorio, ci ha fatto notare che nel territorio comunale, che conta meno di 2000 abitanti, ci son ben 18 chiese campestri. Per ogni chiesa una festa in diversi periodi dell’anno. In pratica in questa zona della Sardegna sono in festa quasi ogni mese.
Ma anche le feste hanno una loro ragione di esistere e si fondano su una tradizione di accoglienza e mutuo aiuto per i più bisognosi che in zone un po’ isolate e rurali, come poteva essere l’entroterra della Sardegna nel Medioevo, servivano ad aiutare i più bisognosi.
Nel corso della giornata, questa caratteristica del territorio mi ha colpito in modo particolare: la gestione sociale della comunità mi ha lasciato davvero sorpresa.
L’eremo di San Trano.
L’eremo di San Trano è stata la prima delle chiesette campestri che abbiamo visitato. La chiesetta piccina, è letteralmente incastrata nelle rocce granitiche tipiche della Gallura. Quando dico incastrata, voglio proprio dirlo nel significato letterale, oltre ad essere circondata da massi lisci, tondeggianti e levigati, la chiesetta è stata costruita inglobando un pezzo di roccia. Sotto a quella roccia, c’è l’altare e ci hanno raccontato che la roccia è stata il riparo di Trano e Nicola.
La chiesetta campestre sarebbe stata costruita dopo il 1200 dai frati francescani che trovarono le spoglie dei due religiosi. È deliziosa, ma forse questo aggettivo non rende l’idea, perchè è inserita in un ambiente particolarmente suggestivo e nelle giorante limpide, dai massi che la circondano si vede la Corsica.
Qui, all’eremo di san Trano ho scoperto che in Sardegna le chiese sono sempre aperte. Specifico in Sardegna, perchè qui da me non è proprio così, alla sera le chiese chiudono, aprono in certi orari. Invece in Sardegna fino a pochi decenni fa, c’era la tradizione di ospitare i viandanti.
Le chiese rimanevano aperte per poter offrire un riparo a chi si trovasse a passare in zona, bisognoso di un tetto.
Le feste di cui ti ho parlato prima, non erano altro che un modo per riunire una o più comunità vicine, un modo per poter offrire un piatto a tutti, un modo per essere un sostegno per i più bisognosi. Queste chiesette campestri rappresentano non solo un luogo sacro, ma sono una vera e propria istituzione sociale attorno alle quali ruota una società che sembra costruita per essere una cooperativa di mutuo soccorso sociale o, detto in parole, un po’ meno dure, le chiesette campestri rappresentavano la cultura dell’accogienza e della solidarietà delle comunità pastorali sarde.
La chiesetta di Santo Stefano
La chiesetta di Santo Stefano si trova nella località che porta lo stesso nome. Vicino al Palazzo di re Baldo. Questo è un luogo di estrema pace e serenità mi sono sentita a mio agio, mi sono sentita bene. L’ambiente, in cui sono inserite la chiesa di Santo Stefano e il palazzo Baldo, è davvero suggestivo.
La chiesetta di Santo Stefano, come nella maggior parte dei casi delle chiese campestri di Sardegna era al servizio degli abitanti del Palazzo nobiliare.
Il palazzo era la residenza di nobili e le ricerche storiche attribuiscono questo palazzo al Ubaldo Visconti, pisano e giudice di Gallura, nonchè marito di Adelasia, che rimasta vedova sposò, facendolo diventare Re di Sardegna, Enzo figlio di Federico II, ma questa storia te l’ho raccontata quando ti ho parlato di Berchidda e del Monteacuto.
Qui a Santo Stefano le pietre diroccate e l’ambiente naturale hanno avuto un ruolo determinante nel creare bellissime suggestioni.
I Tafoni
Prima di arrivare nella zona del Palazzo Baldo e della chiesa di Santo Stefano, si attraversa una zona di tafoni. I tafoni sono rocce, o meglio sono buchi nelle rocce, anzi sono buchi con il granito intorno. I tafoni, erano dei ripari. Sono stati ripari per il bestiame, ma sono stati ripari anche per le persone durante la transumanza oppure dei carbonai mentre seguivano la produzione del carbone.
La chiesa di San Leonardo
Tra le chiesette campestri che ho visto, la chiesa di San Leonardo è decisamente la mia preferita. È minuscola, ma tanto minuscola, è aggrappata ad uno sperone di roccia che domina valli verdi e colline da tutte le prospettive: da qui si domina la zona di Arzachena e si vede il mare. La chiesetta di San Leonardo è vicino al Castello di Balajana, e sarà che la visita a questo complesso storico religioso bisogna letteralmente sudarselo che quando arrivi, ti sembra davvero di aver raggiunto un posto speciale.
Eh sì, il castello di Balajana, e la sua chiesetta di San Leonardo bisogna guadagnarseli con unsa salita a pietre e gradoni fisicamente impegnativa.
Non è che non ci si arriva, se non si è allenati bisogna prenderla con calma e salire seguendo il proprio ritmo, la vista dalla cima vale tutto il fiatone della salita. La piccola chiesa e i piccoli ambienti, che si possono immaginare dai resti del Castello, lasciano immaginare che le feste, da queste parti non fossero particolarmente affollate. Il Castello però è in una posizione privilegiata. La chiesetta ancora di più.
Luogosanto: una porta santa e un museo diocesano.
Il paese di Luogosanto non a caso si chiama così e non è di certo escluso dalla tradizione religiosa. Ma il paese ha una caratteristica ancora più particolare. Nella Basilica di Nostra Signora di Luogosanto c’è una Porta Santa.
Io non lo sapevo, perchè non mi sono mai interessanta alla materia religiosa, ma le Porte Sante vengono aperte in occasione del Giubileo, ogni sette anni, e il momento dell’attraversamento simboleggia il passaggio verso il bene e il perdono dei peccati. Non tutte le porte possono essere Porte Sante, quella di Luogosanto è un privilegio che è stato assegnato alla Basilica da papa Onorio nel 1227.
Il museo diocesano di Luogosanto
A Luogosanto hanno allestito un museo diocesano. Il museo è abbastanza particolare perchè oltre a raccogliere alcuni reperti storici e paramenti religiosi antichi mette in mostra tutti i gioielli che le persone hanno donato come ex voto. Nel piano inferiore invece un mini museo antropologico, raccoglie gli abiti caratteristici e tradizionali di Luogosanto per le varie occasioni: dal matrimonio alla vedovanza.
Una curiosità: i vestiti delle donne erano composti da un corpetto superiore e una gonna lunga. Il corpetto era indossato sopra una camicia che si vedeva all’altezza del petto. Ecco quella camicia in realtà non esisteva. Per risparmiare sulla stoffa, la camicia era sostituita da un pezzetto di stoffa lavorata che inserita sotto al corpetto sembrava la camicia. Insomma uno stratagemma per essere eleganti risparmiando.
Dove mangiare a Luogosanto
Una giornata così intensamente sarda non poteva che essere sostenuta da un pranzo tipicamente sardo e tipicamente di terra. L’ho detto e lo dico ancora che la cultura sarda è tipicamente di terra e non di mare. Il nostro pranzo si è svolto all’Agriturismo Canu.
Gli agriturismi in Sardegna sono sempre stati un’attrazione particolarmente appetibile per i turisti. Questo è immerso in un’ambientazione da favola, con una terrazza e una sala da pranzo che affaccia sulla valle e con un’architettura, perfettamente restaurata, che ti catapulta nella tradizione pastorale di “qualche tempo fa”
L’agriturismo è uno “stazzo”, la tipica costruzione rurale che serviva per ricoverare gli animali ma che serviva anche come dimora dei pastori.
Quegli stazzi che sono stati un po’ il filo conduttore di tutto il nostro #BlogSessionInSardegna e che abbiamo visto la prima volta lungo il percorso a piedi fatto all’interno della foresta demaniale del Monte Limbara.
Ma questo stazzo ha una caratteristica, bellissima, in più rispetto a quello che abbiamo visto fino a quel momento: nella corte dell’Agriturismo c’è una “pinneta”.
La “pinneta” è una classica costruzione sarda di forma circolare con un tetto a cono. Generalmente veniva usato come riparo dai pastori o come magazzino, ma all’agriturismo Canu, la pinneta è decisamente un luogo di perdizione sensoriale dove è allestita la griglia e dove viene cucinato il classico e tradizionale maialino sardo.
E il cibo? Per il cibo voglio fare un post parte, ma sappiate che qui, a parte i tipici formaggi e salumi sardi, a parte la “carta musica”, a parte il porcellino, ho mangiato una squisita zuppa gallurese.
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Peccato cara Monica che sei passata davanti a noi senza fermarti oppure chi parla di Luogosanto dimentica .
A Luogosanto coltiviamo piante officinali bio riprodotte dalla flora endemica della Sardegna ,potevi vedere i nostri campi colori e profumi di elicriso, lavande salvie , un giardino botanico officinale unico nel nord Sardegna con la distilleria e tutto il processo di trasformazione delle Officinali . Un processo di filiera completo. Dal seme riproduciamo la pianta distilliamo e arriviamo al prodotto finito …..catturando in una goccia la quintessenza unica e soave che questa natura della Gallura ci regala
Chissà caso mai alla prossima………………..ciao
Ciao Patrizia, mi spiace molto che non ci sia stata occasione di conoscersi. Quando facciamo questi tour i tempi sono sempre strettissimi e credo che sia necessario fare delle scelte perchè non è proprio possibile vedere tutto di un luogo in poche ore.
Il vostro laboratorio è sicuramente molto interessante, ho conosciuto l’elicriso nel maggio scorso in Corsica e mi è piaciuto tantissimo. Sono però venuta in Sardegna in un periodo dove forse non era proprio in stagione (anche se immagino che la lavorazione prosegua tutto l’anno visto che l’elicriso in Corsica viene anche chiamato l’immortelle :-D).
Spero che ci sia occasione per poterci conoscere e per poter vedere la tua distlleria e la quintessenza della Gallura