Il lago di Pilato è la destinazione di un escursione sui Monti Sibillini. Può essere destinazione unica di percorsi che partono da posti differenti o una delle tappe che si possono toccare durante un percorso ad anello favoloso, e piuttosto faticoso, che regala panorami da altissima montagna anche se ci troviamo nell’appennino Umbro-Marchigiano.
L’ho detto mille volte e lo ripeterò ancora, a costo di risultare veramente noiosa: io non ho mai considerato l’appennino come montagna, per me la montagna può essere considerata tale solo dai 1500 metri in su, con le rocce nude senza vegetazione o con foreste di abeti e pini, lecci e faggi non sono mai stati degni di essere considerati alberi da montagna, nella mia testa, intendo.
E invece no.
I Monti Sibillini sono sorprendenti.
Avevo visto qualche foto nel web, il lago di Pilato me lo ero trovato a passare sotto il naso più di una volta, quel lago dalle sfumature viola, blu e verdi, circondato da una corona di montagne rocciose, appoggiato su una sassaia tipica degli ambienti derivati dallo scioglimento di ghiacciai.
Mi sembrava impossibile che sugli appennini ci potesse essere un posto del genere.
Nello stesso weekend in cui siamo andati a vedere la piana di Castelluccio in fiore, avevo programmato anche l’escursione al lago di Pilato.
[box size=”large” style=”rounded” border=”full”]Hai mai visto la fioritura della Lenticchia di Castelluccio? È uno spettacolo naturale straordinario ➡ [ilink url=”https://www.ideedituttounpo.it/viaggiare/italia/umbria/castelluccio-di-norcia-fioritura.php” title=”Fioritura di Castelluccio”]Castelluccio di Norcia: la fioritura delle lenticchie[/ilink][/box]
Lago di Pilato: dove si trova
Il lago di Pilato si trova sui Monti Sibillini, nel versante marchigiano, anche se il confine con il territorio umbro è a pochissima distanza.
Scarpinando e incontrando gente, ho capito che le possibili partenze per arrivare a questa meraviglia di alta montagna sono tre
- Forca Presta nel versante marchigiano
- Foce sempre nel versante marchigiano
- Piana di Castelluccio-Capanna Ghezzi nel versante umbro.
Da Forca Presta al lago di Pilato
Forca Presta è un valico montano. Sì, in realtà appenninico, ma trovandosi a più di 1500 metri, per me ora è diventato un vero e proprio valico montano.
Noi ci siamo arrivati in auto prima di scendere verso la piana di Castelluccio.
Il paesaggio è spoglio di alberi, ma verde di pascoli, i greggi di pecore sono tantissimi, l’arietta è fresca.
In questo punto esatto mi sono innamorata dei Monti Sibillini.
Su questo valico si può parcheggiare e raggiungere il rifugio Zilioli e poi a seguire il lago di Pilato con una passeggiata che in totale impiega un paio di orette, in cui il dislivello in salita è di circa 700 metri e quello in discesa circa 275 metri. L’ultimo pezzo è in discesa in un prato immenso che poi si traduce in una bella salita per il rientro.
Ripida ma non lunghissima. Non credere però che la discesa per arrivare al lago sia semplice, il prato pende e si trasforma in una sassaia, dove i sassi mobili non aiutano il cammino.
Bellissimo il colpo d’occhio quando arrivi al rifugio Zilioli: da una parte il lago e dall’altra il valico e l’inizio della piana di Castelluccio
Da Foce al Lago di Pilato
Foce è una piccolissima località in territorio marchigiano. Ho letto che il sentiero che porta al lago da Foce è quello più impegnativo e faticoso, ma che vale la pena per la splendida valle in cui potrai trovarti a camminare. Il dislivello è poco più di 850 metri e i tempi di percorrenza sono di circa 2/3 ore. Ovviamente racconto per sentito dire. Ho visto tanta gente stremata arrivata al lago da Foce, ma lo ero anche io che arrivano da altri monti.
[box size=”large” style=”rounded” border=”full”]Le informazioni sui percorsi dei Monti Sibillini, con tempi di percorrenza, dislivelli, difficoltà e cartine topografiche le trovi qui [ilink url=”http://www.trekkingmontiazzurri.com/” title=”Trekking Monti Sibillini”] trekking Monti Azzurri[/ilink] ][/box]
Da Castelluccio al Lago di Pilato passando da Capanna Ghezzi
Lo avevo letto da qualche parte che c’erano percorsi di trekking per tutti i gusti e tutte le difficoltà e lo avevo letto da qualche parte che verso il Monte Vettore i sentieri correvano sulla cresta della montagna e che lo spettacolo della piana di Castelluccio fiorita era qualche cosa di incredibile.
Anche se lo avevo letto, mi ero proprio fissata con il lago di Pilato che da tempo era nei miei desideri.
Fino a che non ho incontrato due “locals” che mi hanno dato le indicazioni per arrivare a Capanna Ghezzi e di seguito fino a Forca Viola, il bivio che conduce al lago.
Questi due signori avrebbero fatto il percorso fino alla Cima del Redentore e mi hanno anche detto che da lassù, il lago di Pilato è ancora più bello.
Ci ho pensato tutto il tempo che ho impiegato per arrivare a Forca Viola, pensando e ripensando che forse valeva la pena cambiare itinerario.
Il percorso che da Capanna Ghezzi arriva al Lago di Pilato si percorre in circa 2 orette con andatura media, si arriva a Forca Viola, salendo,e da Forca Viola si scende per un breve ma ripido tratto e poi è tutta leggera discesa e falso piano.
Per arrivare a Capanna Ghezzi devi imboccare la pista che dalla strada che dalla piana di Castelluccio si trova all’inizio della salita che sale verso il paese: c’è un cartello del parco con l’indicazione del tragitto.
Quando siamo arrivati a Forca Viola, la strada biforcava e il sentiero scendeva verso il Lago Pilato, tenendo la destra il sentiero si inerpicava su un cucuzzolo, zigzagando e sparendo oltre la cima.
Niente.
Quella frase che mi hanno detto “… da dove andiamo noi il lago è ancora più bello”, mi ha intrigato talmente che nonostante l’implacabile sole, e caldo, e il sentiero che saliva impietoso ho deciso di proseguire verso la Cima del Redentore
Capanna Ghezzi, Cima del Redentore, Rifugio Zilioli, Lago di Pilato
Da bivio di Forca Viola, il sentiero sale e si fa sempre più stretto e sempre più in cresta di montagna.
Il panorama davanti a me era grandioso, le colline, o montagne, (stavamo per raggiungere i 2000 metri) sembravano irreali, disegnate da una grande mano che ha calcato i colori in certe zone più che in altre creando un effetto che mi facava desiderare di toccare quell’erba che da lontano sembrava morbido velluto.
Mii voltavo indietro, la piana era laggiù con tutti i suoi colori, con tutte le sue geometrie per uno spettacolo che ha sorpreso anche l’inemozionabile Lollo.
Per tutto il tragitto non abbiamo avuto ben chiaro quanto tempo avremmo potuto impiegarci: la prima scelta sul lago di Pilato ce l’avevano indicata a circa 3 ore di cammino. Cima del Redentore con ritorno dal Lago ce lo avevano indicato con un tempo di circa 8 ore.
Alla Cima del Redentore ci siamo arrivati stremati, soprattutto dal grande caldo e dalla sete. Acqua ne avevamo ma la temperatura e la salita ci avevano fatto bere in modo forsennato.
Dalla Cima del Redentore la vista si apre su una meravigliosa conca glaciale, fatta di pareti di rocce e zone erbose che scendono ripide.
Il lago non si vedeva occorreva fare qualche decina di metri verso il rifugio Zilioli, raggiungendo Cima del Lago (non per niente) per ammirare il lago di Pilato protetto dalla conca rocciosa appoggiato in mezzo ad un incavo ghiaioso con sfumature che vanno dal viola al blu intenso fino al verde smeraldo.
L’ambiente che mi circondava era straordinario! Ma per davvero.
Il sentiero corre in cresta, è stretto e a strapiombo sui due lati, sembrava di stare sospesi.
Il lago non aveva la sua caratteristica forma di occhiali, ne mancava un piccolissimo pezzetto. L’acqua era già evaporata, dividendo gli occhiali.
Tirava vento. Le nuvole correvano veloci e disegnavano altre ombre sul velluto ondulato della cima di fronte: il Monte Vettore.
Sarebbe stata l’ora di tornare indietro di ripercorrere il sentiero che avevamo appena fatto e scendere verso la capanna Ghezzi.
Sarebbe stato, ma ormai che ero arrivata qui e che il lago era laggiù avevo il desiderio di vederlo da vicino.
Mio marito mi ha guardata con gli occhi aperti a palla: ci avevano detto che era impegnativo dai laghi, tornare a Forca Viola, ci siamo guardati, ma se fossimo scesi al lago risalire verso la cima del Redentore sarebbe stato fuori discussione
Siamo scesi verso il rifugio Zilioli: la sua idea era quella di arrivare a Forca Presta e chiedere un passaggio per arrivare a prendere l’auto a Pian Grande di Castelluccio. Ma io ero ben decisa ad arrivare al lago.
Dal rifugio ci siamo catapultati sul prato quasi di corsa, avevamo finito l’acqua e avevamo una sete da non resistere.
Qualche chiazza di neve resistita alle temperature, ci ha salvato: come due sopravvissuti ad una catastrofe, abbiamo riempito le borracce, ne abbiamo compattata una parte a succhiare come un ghiacciolo strada facendo. Che sollievo!
Il prato presto si trasforma in sassaia il lago si si avvicina, il sentiero è stretto e non molto stabile, il lago bellissimo!
Il lago di Pilato: un’area protetta
Il lago è un’area protetta: NON SI PUO’ TOCCARE!
In realtà non si può nemmeno uscire dal sentiero prima di essere arrivati a livello dell’acqua: c’è rischio che i cumuli di ghiaia scivolino ad effetto slavina dentro il lago. l’acqua del lago non si può toccare assolutamente: in queste acque vive un un crostaceo unico e rarissimo, che non si trova in nessun altro luogo al mondo e che ha trovato nell’ambiente del lago di Pilato le condizioni ideali per la propria sopravvivenza: il Chirocefalo del Marchesoni
Il Chirocefalo del Marchesoni del Lago di Pilato
Questo piccolo crostaceo è molto particolare: è piccolissimo e di colore rossastro e ha la caratteristica di essere molle. Il suo corpo non ha un carapace come gli altri crostacei. E nuota a pancia in su.
La sua peculiarità è quella di essersi adattato a vivere in ambienti che subiscono forti stress meteorologici
Per non compromettere il suo delicato ambiente, l’acqua del lago è intoccabile.
Il cartello dei divieti dice che non bisognerebbe avvicinarsi oltre il limite massimo del livello dell’acqua. L’indicazione è un po’ ambigua, secondo me, a seconda delle stagioni il livello massimo dell’acqua si modifica e mi hanno raccontato che il Chirocefalo spesso depone le uova in prossimità delle rive, quindi se il livello dell’acqua si abbassa, avvicinandosi troppo si rischia di fare dei danni al piccolo e raro animaletto.
Avvicinandosi al bordo del lago, a volte capita di vederlo nuotare. Io non mi sono avvicinata, mi sembrava di violare un luogo sacro, ma più che altro molto protetto e delicato.
Lago di Pilato, Forca Viola e Capanna Ghezzi: chiudiamo l’anello
Dal Lago di Pilato, per tornare chiudendo il percorso ad anello, abbiamo imboccato un sentiero in salita. Per il percorso occorre considerare almeno un paio di ore fino a Forca Viola per due ragioni: ormai hai già fatto tanta strada e le gambe sono stanche, il percorso è leggermente in salita e gli ultimi 150 metri salgono, non in verticale, ma molto molto ripidi.
Il sentiero alterna passaggi a ghiaione e passaggi di sentiero battuto, sempre in salita e sempre molto esposto. Il sole cocente è stato l’elemento che ci ha più stremato. Non abbiamo incontrato molte persone che facevano il nostro stesso percorso, mentre abbiamo visto molto trafficato il sentiero che scende a Foce perdersi nella V della valle, che dicono essere splendida.
Gli ultimi 150 metri sono stati terrificanti davvero! Ripidi ripidi!
Ho visto una persona che li faceva di corsa: sono morta solo a guardarlo salire.
Da Forca Viola si scende a Capanna Ghezzi.
Capanna Ghezzi
Capanna Ghezzi è un rifugio, bassa quota. Bassa quota relativa, si trova a circa 1570 metri, ma relativamente poco più in alto della piana di Castelluccio. È un vecchio casale recuperato che funge da rifugio di montagna, dove è possibile dormire, ci sono 8 posti in camerata, e mangiare i piatti tipici della zona, prenotando, sia a pranzo che a cena.
Io l’ho vista apparire in fondo al sentiero come un miraggio e dopo tutta la sete patita, una birra fresca ci stava proprio bene, anche se sul percorso, qualche simpaticone mi aveva detto che a Capanna Ghezzi, bevande fresche non c’erano.
Consigli pratici per affrontare il trekking ad anello
- Il percorso è abbastanza impegnativo, tutto completamente esposto al sole, lungo, e con tratti particolarmente impegnativi per la salita e per la conformazione del terreno poco stabile.
- Essendo molto esposto al sole, in una giornata bellissima come quella che abbiamo trovato noi, è d’obbligo, ma lo sarebbe sempre, la crema protettiva con la massima protezione. Io, nonostante la crema, che forse non mi ero spalmata bene, mi sono completamente ustionata dietro al collo: dolore e croste per due settimane.
- Acqua! Acqua! Acqua! L’acqua pesa, ma durante il trekking non troverai acqua da nessuna parte. Mi hanno detto, due settimane dopo, che a valle del lago, nascosta dietro una roccia c’è una piccola fonte dove riempire le borracce. Io sono morta disidrata, piuttosto non prendere il panino, ma di acqua prendine davvero tanto. Un litro a testa non basta. Te lo assicuro
- Una felpa, anche se nello zaino ci dovrebbe sempre essere. A Cima del Redentore tira vento e tu sarai arrivato completamente fradicio di sudore.
- Il percorso in cresta e la discesa verso lo Zilioli è stupendo, ma bisogna fare attenzione a dove si mettono i piedi
- Al ritorno a Capanna Ghezzi ci sono birre, vino, e bevande fresche, non credere ai simpaticoni che ti diranno il contrario. Te la sei meritata e quando sarai seduto ai tavoloni e gli altri avventori ti chiederanno che giro ai fatto, gonfiati con orgoglio, perché hai compiuto davvero una bella impresa in cui non tutti riescono.
E io ce l’ho fatta!
Wow! Complimenti…le foto sono bellissime! Ehi Liverani, ti aspetto a Foce! 😉
La scenografia si prestava bene!
Arrivo anche a Foce. Io metto in fila!