In Emilia Romagna abbiamo una tradizione contadina che nelle case forse si è persa un po’. Ricordo quando ero bambina che anche se non eravamo una famiglia a vocazione contadina, non avevamo terre e allevamenti animali, ma abitavamo in una casetta indipendente in un quartiere periferico della mia città, il “maiale di disfava in casa”.
“Disfare il maiale” vuol dire macellare e preparare la carne e lo si faceva in casa.
Il lavoro non terminava in un solo giorno, si lavorava tutti insieme fra il garage e il cortile, con enormi e giganteschi paioli costantemente fumanti e le braci sempre pronte.
Tutta la famiglia partecipava alla lavorazione e quando i bambini (io) tornavano a casa da scuola, trovavano per pranzo un bel pezzo di costola o di pancetta cotto alla griglia, un pezzo di pane abbrustolito o anche una piadina riscaldata sul fuoco.
I pavimenti erano lucidi di grasso, tavole di legno allestite sopra cavalletti di fortuna servivano come banchi di lavoro e le vecchie romagnole (le tavole tipiche con le gambe a cipolla) venivano usate per la salatura dei prosciutti, il confezionamento di salsicce e cotechini, la vescica riempita di strutto, mentre rudimentali presse organizzate con pezzi di legno e morsetti da falegname servivano per sgrassare e dare la forma ai ciccioli.
I giorni in cui si macellava il maiale erano giorni di festa e aiutati da un macellaio professionista, ci si preparava tutto quello che si sarebbe mangiato durante l’anno, come succedeva, quando davvero il maiale era considerato una fonte di ricchezza e di sopravvivenza. Ma era anche il momento in cui si potevano assaggiare le cose che non si possono conservare e che ad oggi difficilmente si trovano sul mercato: cervello, rognoni, coda e il sangue per fare il sanguinaccio, un dolce buonissimo che oramai nella versione originale difficilmente si trova.
Salami, prosciutti, salsicce, cotechini aspettavano poi il loro turno appesi ai fili d’acciaio che erano stati predisposti nel secondo garage in attesa della giusta maturazione, il resto finiva nel freezer, o mangiato all’istante.
Disfare il maiale è un lavoro immane, un anno mia nonna si ruppe anche un braccio cadendo su uno scivoloso pavimento che trasudava grasso solo a guardarlo e da allora il “maiale non si fece più”.
In zona alcuni però resistono e l’occasione diventa ghiotta per assaggiare i sapori di una volta, quelli che non si ricordano o quelli che molti, come mia figlia, neppure conoscono.
Cà Monti resiste.
Cà Monti è un agriturismo che si trova sulle colline salendo da Imola lungo la Montanara in direzione Firenze e andando verso Sassoleone. Oltre Gesso, una località con il nome che evoca la vera caratteristica della zona: siamo proprio sul confine del parco della Vena del gesso Romagnola, verso Sassoleone, in una piccolissima borgata che si chiama Monte Morosino. L’agriturismo è un vero agriturismo di quelli dove si cucina quello che si produce. Famiglia da sempre vocata all’agricoltura e all’allevamento vi delizierà con menù dedicati solamente ai prodotti di stagione e in particolari giornate con menù e specialità della tradizione che difficilmente riuscirete a trovare in altri posti.
La Maialata! E’ una occasione particolare e assolutamente di stagione! E’ il nome del menù che viene dedicato alla macellazione e preparazione delle carni del maiale.
Gli animali allevati sono tutti della razza “Mora Romagnola” razza autoctona, particolarmente pregiata delle nostre zone e arischio estinzione. L’allevamento si svolge quasi allo stato brado. I maiali vivono in un boschetto recintati, ma mangiamo in modo naturale e soprattutto seguono l’evolversi delle stagioni e del ciclo giorno notte perché sono all’aperto.
La macellazione dei maiali, come da tradizione avviene nei mesi invernali, fra Novembre e Gennaio, e in queste occasioni viene proposto un menù a tema, La Maialata, che proprio per la caratteristica di utilizzare prodotti freschi appena preparati dalla macellazione può essere offerto solo in rare occasioni.
Uno di questi revival tradizionali c’è stato alla fine di Novembre e invitata dai miei genitori siamo andati a riscoprire i sapori di una volta… Per Carlotta è stata la prima volta di molte cose.
Il menù è molto particolare, le pietanze sono davvero dimenticate o sconosciute ai più. Ci sono cose che Carlotta non ha avuto nemmeno il coraggio di assaggiare, come l’antipasto che era molto particolare e veramente buono: le frittelle di cervella.
Il cervello è una di quelle cose che bisogna mangiare prestissimo che non si riesce a conservare per molto tempo, mi ha sempre raccontato la mia mamma che aveva la nomea di “far bene ai bambini” e io mi ricordo che ci veniva sempre servito a pranzo nei primi giorni della lavorazione del maiale.
Tutto il menù è costruito utilizzando i prodotti provenienti dalla macellazione. A parte il fatto che i piatti fanno parte della mia tradizione, buonissimo il risotto cotto nel brodo delle ossa del maiale che faceva anche la mia mamma, un’altra caratteristica molto particolare del menù è il sanguinaccio, il tipico dolce preparato con il sangue del maiale.
E’ un dolce costituito da una base di frolla, che probabilmente veniva fatta con lo strutto e non con il burro, sormontato da un composto di latte, farina, zucchero, cioccolato, frutta secca e appunto sangue di maiale.
Ho chiesto al proprietario di Cà Monti se il sanguinaccio fosse davvero fatto nel modo tradizionale, visto che mi risultava che ci fosse una legge che ne impedisse l’utilizzo. Il loro sanguinaccio è tradizionale al 100% perché l’utilizzo del sangue di maiale è vietato per la macellazione industriale, mentre i piccoli allevamenti “artigianali” che macellano sotto la costante supervisione di un veterinario possono utilizzarlo.
Un tuffo nel passato per me e i miei genitori e una nuova scoperta che non fa parte del mondo di mia figlia.
Oltre a macellare maiali, coltivare prodotti, utilizzare i prodotti “selvatici” che la natura offre intorno all’agriturismo che sembra che sia in piedi fin dal 1700, a Cà Monti si produce un prodotto unico e originalissimo: “ la Sambuchella”, un condimento acido, prodotto con il sambuco (ma và!) che potrebbe sostituirsi all’aceto, con un colore che ricorda quello dell’aceto balsamico e che non ho resistito ad assaggiare e poi anche a comprare.
Dimenticavo! Tutta questa tradizione culinaria e norcina della Romagna è accompagnata da un’altra tradizione tipica della nostra terra: la simpatia e l’accoglienza della famiglia che gestisce l’agriturismo.
Nel mese di gennaio è prevista un’altra macellazione, vi consiglio di tenere d’occhio la loro pagina facebook, in attesa che esca l’annuncio di una nuova Maialata che avrà la durata di un solo weekend: un occasione ghiotta da non perdere!
La maialata di Cà Monti | Idee Di Tutto Un Po’ – http://t.co/p6qkU8Oakf sapori dimenticati.
molto interessante!!! il prossimo anno me lo devo proprio ricordare!!!
anche se il cervello…..non so…..
Si si proprio interessante!