Per studiare e apprendere nel modo migliore, meno faticoso, e più fruttuoso, c’è chi consiglia di fare associazioni di idee. Per me l’associazione di idee è diventata un gioco e per studiare e apprendere un luogo non posso fare a meno di mettere in pratica questo gioco.
Conosci il libro “Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno”? Oppure il racconto “Chichibio e la Gru”?
Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno fu pubblicato la prima volta nel 1620, mentre il racconto “Chichibio e la Gru” fa parte della raccolta di novelle “Decamerone” di Giovanni Boccaccio scritto presumibilmente fra il 1349 e il 1353.
Periodi diversi, ma i protagonisti del libro e della novella hanno caratteristiche comuni che io associo ad Asolo, a San Zenone, a Fonte: essere di origini venete (e nella lettura si percepisce perfettamente la cadenza veneta), la scaltrezza di chi conosce il proprio ambiente, la semplicità, la genuinità
Per alcuno dei personaggi incontrati nel percorso enogastronomico, guadagnato a suon di pedali (e non scherzo: mi hanno fatto fare più di 10 Km), tra Asolo, San Zenone e Fonte, ho potuto fare associare le caratteristiche dei personaggi antichi a chi ancora oggi lavora i prodotti del territorio.
Azienda Agricola Muncio
[ilink url=”https://www.facebook.com/azienda-agricola-Muncio-303124166510830/?fref=ts”]”Il casaro”[/ilink] lo abbiamo incontrato nella sua azienda. Il lavoro del casaro è un lavoro duro: portare gli animali al pascolo, le mungiture che vengono effettuate in momenti diversi della giornata, anche prima dell’alba,la lavorazione del latte per produrre formaggi tradizionali, formaggi nuovi, formaggi con sapori e caratteristiche diverse. Se mi hai seguito sui social durante e dopo il tour, di sicuro ti sarai accorto che mi sono innamorata del Morlacco:
formaggio tipico a latte crudo, saporito, morbido, che abbinato alla marmellata di radicchio di Treviso, è davvero incredibile. Quando siamo arrivati all’azienda il proprietario, timidamente e con la massima semplicità ci ha raccontato come lui produca il suo formaggio utilizzando esclusivamente latte delle proprie mucche, come i suoi formaggi abbiamo vinto diversi premi regionali in concorsi, di come i sacrifici per svolgere il proprio lavoro siano l’unica cosa e la più naturale che lui potesse fare nella sua vita. Ci ha aperto un Morlacco, ci ha fatto assaggiare il suo prodotto, solo uno perché la maggior parte dei suoi prodotti sarebbero stati la sorpresa della seconda tappa.
La trattoria Dai Fruts
Ecco, la trattoria [ilink url=”http://www.tripadvisor.it/Restaurant_Review-g659527-d3600062-Reviews-Trattoria_Dai_Fruts_Canciani-Paderno_del_Grappa_Province_of_Treviso_Veneto.html”]dai Fruts[/ilink] , è uno di quei posti che ti fanno sentire a casa. Non a casa tua, a casa di un veneto, a casa di qualcuno che ti prepara piatti della tradizione come se se li preparasse per la propria famiglia. Appena fuori dal Comune di Fonte, immersa nel verde, all’imbocco di un percorso mountain bike appena inaugurato, sistemato e reso agibile per gli appassionati, questa trattoria è l’essenza di quelle caratteristiche ho io ho associato a Bertoldo e Chichibio: il proprietario, uno dei Fratelli Cancian è particolarmente veneto. Appena entri nella grande e alta sala con il tetto in legno, ti accoglie una cappa molto ampia con il focolare sotto. Un tavolo di servizio mette in mostra tutti i formaggi prodotti dal caseificio Muncio, che il giovane figlio ci presenta. Solo il tavolo dei formaggi sarebbe sufficiente per farci capitolare. I piatti serviti sono tipici locali: il coniglio a km 0 fornito dall’azienda agricola De Panni, o come un cotechino (buonissimo e diverso in consistenza, gusto e colore, da quello che produciamo in romagna) servito con erbette e funghi, polenta. Non a caso ho detto che si sente a casa: quando tu, impegnato a terminare i piatti che hai sul tavolo, ti ritrovi il Sig. Cancian alle spalle, che cuoce caldarroste sul fuoco, in modo semplice e genuino. Come da tradizione, come una volta, nello stesso modo in cui il cuoco veneziano Chichibio usava fare nella propria cucina.
Vini Dal Bello
Nel nostro percorso enogastronomico non potevamo continuare a mangiare senza nemmeno assaggiare un’altra tipicità della zona. L’azienda agricola [ilink url=”http://dalbellovini.it/”]Dal Bello[/ilink] è in una delle aree più importanti d’italia per la produzione di prosecco Docg. Ci ha ospitato per l’aperitivo. Come sempre più spesso accade negli ultimi anni, le cantine non sono solo luoghi di produzione del vino: sono luoghi in cui le tradizioni vengono studiate, applicate, migliorate, per ottenere prodotti eccellenti. Le origini della famiglia e dell’azienda affondano le loro radici nel 1500 circa e derivano da una mezzadria della Signora di Asolo: [ilink url=”http://j.mp/Asoloint” style=”tick”]Caterina Cornaro[/ilink].
Un’azienda legata al territorio da tempo. Nel maggio scorso l’azienda Dal Bello ha inaugurato un nuovo appezzamento di vignti coltivati a Glera, l’uva che viene utilizzata per creare il premiato Celěber Asolo, Prosecco Docg Superiore Extra Brut della cantina Dal Bello, il primo extra brut prodotto nell’area del Prosecco. Io non sono una grande intenditrice e prendo quello che mi piace. appena entrata nella cantina sotto una vetrina spicca una bottiglia di Asolo decorata con strass. Io che adoro tutto cio che è brillante e metallizzato non posso fare a meno di apprezzare immediatamente l’elegante packaging che mi predispone ad ascoltare meglio la storia di un’azienda di famiglia. Il giro in cantina, la spiegazione di come sia possibile creare un prodotto come l’Asolo, dovuto in parte al microclima particolare della pedementona trevigiana e al lavoro paziente e attendo di una famiglia che ha fatto del legame fra l’innovazione e la tradizione la propria filosofia, e poi la degustazione: non ho potuto fare a meno di comprare la mia bottiglia di Asolo prosecco millesimato.
Enoteca da Nino
Dalla degustazione-aperitivo ci aspetta una cena nell'[ilink url=”http://www.tripadvisor.it/Restaurant_Review-g652048-d3569988-Reviews-Enoteca_da_Nino-Fonte_Province_of_Treviso_Veneto.html#REVIEWS”]enoteca da Nino[/ilink] . Il locale esiste dal 1978. La storia del Sig. Nino è incredibile: ha vissuto in Canada, ha imparato dal nulla a conoscere i vini, ha comprato vini ovunque, ha il cavalierato in Francia ed è stato anche membro, in Francia, del comitato di vigilanza del Borgogna. Un personaggio che nella propria osteria persegue la cucina della tradizione. Mi sono lasciata convincere dalla zuppa di verza e patate, ma quando sulla lavagnetta utilizzata come menù, ho letto Pan Boji, la mia curiosità si è svegliata. La ricetta è molto semplice, il risultato molto gustoso, e tornando al paragone con i racconti di Bertoldo, a questo punto nel 1600 mi ci sono immersa con tutto lo stomaco. Il Pan Boji è una ricetta povera, una ricetta semplice, una ricetta genuina proprio come i nostri protagonisti, una ricetta che probabilmente la moglie Marcolfa era solita cucinare a Bertoldo e Bertoldino, nel paiolo, sul focolare che è ancora tanto presente da queste parti. Il pan Boji è una ricetta di riciclo pane, uovo, olio e formaggio. La consistenza ricorda una zuppa sostenuta, ma è talmente gustoso che non sembra nemmeno un piatto fatto con elementi di recupero.
Ma non è ancora finita, perché la semplicità e la genuinità ad Asolo si manifestano in tutto il loro splendore nascosti sotto un un “Tabar“. Il “Tabar” o “Tabarro” era un tipico mantello nero a campana, in panno grosso usato nel veneziano, da artigiani e pastori e vignaioli. Ci sono molte interpretazioni per questa parola, ma mi piace pensare che il Bacaro fosse proprio il vignaiolo che andava con il suo mantello e la botte del vino a servire il suo prodotto accompagnato da piccoli stuzzichini in piazza. Da questa definizione il Bacaro è anche il luogo frequentato dai veneti, che del bere ne hanno fatto un’arte, dove vengono serviti bicchieri di vino accompagnati da piccoli bocconi.
Osteria al Bacaro
[ilink url=”http://www.tripadvisor.it/Restaurant_Review-g616201-d1908600-Reviews-Osteria_Al_Bacaro-Asolo_Province_of_Treviso_Veneto.html”]L’Osteria al Bacaro[/ilink] di Asolo, con gli interni bassi e scuri, con gingilli appesi, con un’ordinata confusione seminata ad arte è un’antica trattoria. Si vede all’interno, si riconosce nel menù, si ascolta nella simpatica parlata del cameriere che in pochissimo tempo è riuscito a domare un gruppo ben assortito e con esigenze tutte diverse una dall’altra. Nel menù fanno bella mostra gli gnocchi. Gli gnocchi sono un prodotto tipico, specialmente quelli fatti con le patate di Pagnano. È qui che associo a Bertoldo, quando dal menù scelgo un primo con il ragù di oca,
la stessa oca che va a spasso con Marcolfa, la moglie di Bertoldo, o l’oca che produce le uova che Bertoldino, il figlio di Bertoldo, cova di persona.
Porchetta a Manetta da Franco
Ma prima di arrivare all’Osteria del Bacaro, abbiamo fatto preso l’aperitivo in un posto molto particolare, lungo la strada: “[ilink url=”https://www.facebook.com/pages/Porchetta-A-Manetta-Bar/260751934027920?fref=ts”]Porchetta a Manetta – Da Franco[/ilink] “. Questo locale è decisamente un Bacaro, un’osteria stretta e piena zeppa di cose che ingombrano il passaggio, un tratto caratteristico evidenziato da Franco che con arguzia e semplicità ci ha preparato un banchetto di prodotti che lui stesso produce. Dal vino all’olio dei colli trevigiani, che grazie al particolare microclima della zona può essere prodotto con buoni risultati, dal Morlacco al Bastardo, fino alle salse di erbe. Il pane con l’olio, servito con un bicchiere di vino, è stato la ciliegina sulla torta. Da Franco ho avuto esempio di quella scaltrezza, semplicità e genuinità che per tutto il weekend mi hanno accompagnato facendomi saltare dal 1300 al 1600 in una girandola di sapori e profumi che derivano dalla terra e dalla storia. Da Franco ne ho avuto la certezza, ho toccato con mano quella geniale semplicità che tanto mi ha fatto apprezzare questo bel territorio: chiedete a Franco un bigliettino da visita, capirete la vera ragione per cui bisogna venire in questa zona.
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