I viaggi di Serena e Massimo, con la Maggiolina, nel deserto, oggi ci portano in Algeria. Serena dice che è sempre più difficile viaggiare in Algeria, ma lo spettacolo che questo Paese offre ce lo meritiamo tutti. Pensi che ti stia per raccontare un viaggio fuori stagione? Serena e Massimo, stanno ultimando i preparativi per il loro prossimo viaggio che per le Feste di Natale li porterà ancora nel continente nero. Questi viaggi si fanno prevalentemente in inverno perché il clima estivo sarebbe implacabile[/box]
Duemila km fa abbiamo lasciato il confine tunisino per entrare in un paese, l’Algeria, nel quale è sempre più complicato viaggiare.
L’Algeria si è fatta desiderare: ottenere il visto è stata una vera impresa. Il giorno prima di partire (traghetto prenotato, auto caricate e accordi con la guida locale) i passaporti erano ancora all’ambasciata a Milano. A mezzogiorno mi avvisano che il visto è stato rilasciato e nel pomeriggio facciamo una corsa per andarli a prendere dal momento che non c’era più tempo per la spedizione.
Arrivati alla dogana ci hanno comunicato che i gendarmi ci avrebbero scortati fino all’oasi di Djanet: Tre giorni di viaggio, ogni 300 chilometri i gendarmi ci fermavamo perché i gendarmi dovevano darsi il cambio, anche per alcune ore. Non potevamo allontanarci e loro ci dicevano dove fare campo.
Meglio non preoccuparsi troppo, la prendiamo come viene:”c’est l’Afrique”, come capita spesso di ripetere quando ci si trova al di là del Mediterraneo.
All’oasi ci hanno lasciati liberi di muoverci in un luogo, davvero splendido, chiamato Tadrart vicino al confine con Libia e Niger, dove abbiamo trascorso alcuni giorni.
In direzione sud-est la pista si inoltra tra guglie di arenaria erosa dal vento che affiorano dalla sabbia e le dune hanno colori intensi e caldissimi che cambiano in base alla posizione del sole.
Troviamo angoli da sogno dove poterci accampare e dove poter sognare nella tranquillità e nel silenzio che il deserto sa regalare.
Ci arrampichiamo sulle rocce o sulle dune più alte per catturare con gli occhi tutto il possibile: la natura si è divertita a modellare l’arenaria per creare enormi archi o dare alle rocce forme bizzarre. In tutta l’area si trovano pitture e graffiti rupestri risalenti a migliaia di anni fa quando nel Sahara c’era l’acqua, e acqua significa vita.
Poi l’arrivo a Tin Merzouga, dune giganti. Le dimensioni sfuggono e noi ci sentiamo piccoli piccoli. Risalirle è faticoso, man mano che si sale diventano più ripide, la sabbia è più molle e i piedi affondano, ma quando si arriva in cima lo sforzo viene ripagato. Dall’alto la veduta è da mozzare il fiato, il corso del fiume essiccato sembra perdersi nel mare di sabbia.
Al tramonto i colori si intensificano a marcare le linee morbide e pure delle dune in contrasto con le rocce scure. Questi momenti vorrei non finissero mai.
Al calare del sole oltre ad aprire la Maggiolina per dormire, montiamo un gazebo chiudibile sui quattro lati così da poterci riparare quando fa particolarmente freddo, come al mattino, quando ci svegliamo all’alba e la temperatura è davvero molto bassa
Torniamo poi all’oasi di Djanet “la perla del Tassili“ con i tipici edifici bianchi, le porte azzurre e con insoliti lampioni blu e oro. Le abitazioni di pietra e fango abbarbicate sulla collina avvolgono incroci di stretti vicoli. Si trova a mille metri di altitudine, è una piccola città molto tranquilla, come i suoi abitanti, che mi piace osservare nella loro quotidianità. Con il capo sempre coperto dallo chèche, gli uomini chiacchierano tra loro nei pressi del mercato e le donne camminano avvolte in abiti dai colori sgargianti sempre attente a non mostrare il volto.
Lasciando l’oasi, costeggiamo l’erg d’Admer che quasi ci abbaglia con le sue dune dai colori pallidi.
Salendo verso nord imbocchiamo la pista per raggiungere il canyon di Essendilène, noto per la straordinaria biodiversità.
Lasciate le auto proseguiamo a piedi lungo un corridoio di sabbia finissima tra altissime pareti di arenaria scavate dall’acqua e tra la vegetazione ricca di palme, acacie, tamerici, oleandri in fiore, fino ad arrivare alla guelta, uno specchio d’acqua verde incastonato tra le rocce che e’ un bacino naturale dove gli animali vanno ad abbeverarsi, e ce ne accorgiamo dalle numerose tracce lasciate sulla sabbia.
Questo luogo nell’arido deserto è una valle del paradiso.
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