[fusion_builder_container hundred_percent=”no” equal_height_columns=”no” menu_anchor=”” hide_on_mobile=”small-visibility,medium-visibility,large-visibility” class=”” id=”” background_color=”” background_image=”” background_position=”center center” background_repeat=”no-repeat” fade=”no” background_parallax=”none” parallax_speed=”0.3″ video_mp4=”” video_webm=”” video_ogv=”” video_url=”” video_aspect_ratio=”16:9″ video_loop=”yes” video_mute=”yes” overlay_color=”” video_preview_image=”” border_size=”” border_color=”” border_style=”solid” padding_top=”” padding_bottom=”” padding_left=”” padding_right=””][fusion_builder_row][fusion_builder_column type=”1_1″ layout=”1_1″ background_position=”left top” background_color=”” border_size=”” border_color=”” border_style=”solid” border_position=”all” spacing=”yes” background_image=”” background_repeat=”no-repeat” padding_top=”” padding_right=”” padding_bottom=”” padding_left=”” margin_top=”0px” margin_bottom=”0px” class=”” id=”” animation_type=”” animation_speed=”0.3″ animation_direction=”left” hide_on_mobile=”small-visibility,medium-visibility,large-visibility” center_content=”no” last=”no” min_height=”” hover_type=”none” link=””][fusion_text]
Comincio da Birkenau.
Per raccontarti Auschwitz comincio dalla fine.
Dalla fine della fine, facendo una precisazione: Auschwitz era un campo di concentramento, Birkenau era un campo di sterminio.
Alla fine di Birkenau,in fondo, dove finiscono le rotaie, dove un immenso monumento ricorda l’orrore , oltre la rete, c’è un bosco. Un bosco di salici.
Nonostante una corrente inesorabile di calore salga dalla massicciata di pietrisco calcareo in mezzo alle rotaie, nonostante i camini di pietra che tutto intorno movimentano un panorama troppo uguale, qui nel boschetto tira aria, e i salici cantano e non sembra più tanto caldo.
È illogico, è irreale, è surreale, è crudele.
Eppure c’è pace. E poi c’è sterminio, distruzione violenta, annientamento, omicidio organizzato sistematicamente.
I salici cantano nel vento guardando quelle rotaie: la discesa all’inferno, o forse la salita in paradiso. Chi arrivava qui non poteva comprendere la differenza fra l’uno e l’altro.
I pensieri sono immobili, pietrificati, i collegamenti logici sono sospesi. Non c’è logica in tutto questo immenso campo. I resti delle baracche con quei camini che sono testimonianza di un ipocrita obbedienza alla legge.
No! Da tutti quei camini non uscivano le anime che scuotono le fronde dei salici, dai camini usciva il fumo dei fuochi che servivano da riscaldamento nelle baracche.
Niente! Il mio cervello non ci riesce. Non riesce a collegare. Non trovo il nesso logico fra lo sterminio e il riscaldamento nelle baracche.
Arrivati qui l’unica via d’uscita era il fumo dei camini dei forni crematori. Solo quello. Il riscaldamento nelle baracche era solo una secchiata di acqua pulita sulla coscienza, un accorgimento di rigida ubbidienza alla follia: per legge le baracche dovevano essere dotate di riscaldamento. Punto.
Per legge bisognava assicurare un minimo di conforto all’ammasso di larve stipate nelle baracche, stalle smontate dal luogo di origine, rimontate a Birkenau costruite con pareti di massello di 4 centimetri.
4 centimetri di rigidità e l’aria aperta: la neve, il ghiaccio, il vento, la pioggia, il sole, l’aria bollente a 40° gradi come oggi che ci siamo noi. Il freddo che diventa più freddo, il caldo che diventa più caldo.
Baracche allestite con letti a castello, castelli di inumana gerarchia dove chi stava sopra stava male, chi stava sotto stava peggio.
O forse il contario.
O forse no.
Il male e il peggio erano un’unica condizione.
Niente! Il mio cervello non ci riesce. Non riesco a collegare. Non trovo il nesso logico, non riesco a trovare le parole per spiegare alla nostra guida Margherita, la difficoltà nel capire le sue parole: “per legge il riscaldamento era obbligatorio”.
Non riesco a spiegare a Margherita la fatica di fare entrare nella testa quelle parole: il non-sense di quel RISPETTO della legge a DISPETTO dell’umanità.
Margherita, la guida, sembra impazzire sotto i 40° che attanagliano la Polonia da due settimane. Ci lascia alla fine di questa visita a fianco di un singolo vagone da cui scendere e venire selezionati non faceva la differenza della vita. Il vagone è chiuso, serrato e solo sulle rotaie, fermo a metà strada fra la fine dell’inferno e l’inizio del paradiso.
A Birkenau ci si arriva dopo aver sostenuto la visita ad Auschwitz, ad Auschwitz 1, Birkenau era Auschwitz 2 ed esisteva anche un Auschwitz 3. Il continuo in serie della follia.
Birkenau si trova a circa 3 km da Auschwitz ed era 30 volte più grande del campo di concentramento n. 1. Manie di grandezza. Manie di sterminio. Un piano ben dettagliato. Un progetto destinato a crescere.
Auschwitz è davvero più piccolo. Più piccolo e più raccolto, le capanne non ci sono, ci sono le caserme, quelle che una volta erano servite da caserme, trasformate dai nazisti in camere di espiazione di una non-colpa. Dolore, privazioni, torture.
Vedere il muro delle fucilazioni è quasi un sollievo, la fine del supplizio, il termine della NON-vita. Forse lo era anche per i prigionieri. Forse era un sospiro di sollievo, una respiro di libertà, quel muro. Forse era peggio la vista di quei tre pali di legno che nello stesso cortile sembrano stare lì per caso.
Avevano una loro funzione.
Ho sentito dolore fisico quando Margherita ha spiegato come venivano usati.
Ho sentito salire la bile dallo stomaco, il dolore nella braccia, ho sentito il cervello battere contro le pareti craniche.
Ho sentito, non sentito abbastanza, ma faceva male.
Margherita passa da un caseggiato all’altro, ogni giorno racconta quelle parole e ogni giorno la immagino arrivare ad avere il fiato corto per la passione, per la rabbia, per la paura, per il dolore. Solo per le sue parole.
Eravamo in 4, due adulti e due adolescenti e siamo entrati convinti di non riuscire ad avanzarci nemmeno una lacrima, ma non siamo riusciti a tirarne fuori nemmeno una.
Impietriti.
Noi.
Le parole.
Il cervello.
Le lacrime.
Alcuni consigli personali per prepararsi a visitare Auschwitz
- Ragazzi: avevo sempre letto che la visita è consigliata dai 14 anni in su. È giusto! A questa età sono un pochino preparati, hanno studiato a scuola il periodo della seconda guerra mondiale, hanno già partecipato alle attività della giornata della Shoah, hanno parlato delle ragioni, delle religioni, delle razze, del razzismo, della tolleranza e della diversità nelle ore di religione e di catechismo, con i professori di storia e di italiano. Sono consapevoli che quello che stanno per vedere non lo dimenticheranno mai.
- Alla visita bisogna arrivarci preparati: i ragazzi ma anche gli adulti. Carlotta aveva già avuto un terribile assaggio nella Terror Haza di Budapest, aveva pianto, si era spaventata, ma dopo quella visita, oltre che studiare a scuola, insieme a me e a sua nonna, ha cercato notizie in rete, ha visto immagini, ha scovato notizie. Anche se non è possibile immaginare l’inimmaginabile racchiuso dentro quelle recinzioni, sapeva cosa aspettarsi, anche se in realtà nessuno lo sa mai fino in fondo.
- Durante la visita estraniati, ascolta passivamente la guida che racconta, fai domande se ti vengono spontanee, non cercare di capire. Non si può. Non si riesce. Non si capisce, si potrebbe impazzire cercando di analizzare l’incomprensibile.
Consigli pratici sulla visita dentro ad Auschwitz
- La visita non è affrontabile senza la guida. Sul sito ufficiale si possono acquistare i biglietti in anticipo scegliendo il giorno e l’orario di visita e lingua, dopo avere effettuato la registrazione. È fortemente consigliato scegliere la visita nella propria lingua madre. Il biglietto costa 40 Zloty per gli adulti e 30 per i ragazzi, che in Euro significa circa 10 per gli adulti e 8 per i ragazzi.
- Il biglietto di ingresso general tour, dà la possibilità di usufruire di un tour di circa 3,5 ore che comprende anche la guida e le cuffie per ascoltare la guida che spiega.
- All’interno del campo non si possono portare borse e zaini, si può portare una sacca di dimensioni molto ridotte o un piccolo marsupio. Non ci sono fontane, non ci sono distributori quindi è necessario organizzarsi con l’acqua portata da fuori, che occorre tenersi in mano o nella minuscola sacca permessa, soprattutto se si va in una giornata di caldo torrido come è capitato a noi.
- I bagni sono presenti anche all’interno di alcuni caseggiati: mettono un po’ di ansia.
- La visita a Birkenau è compresa nel prezzo del biglietto del general tour. Appena finito con il campo di concentramento, con la guida si prende l’autobus compreso nel prezzo per raggiungere Birkenau. Il ritorno da Birkenau è libero, sempre con autobus free verso Auschwitz. Fuori da Birkeau è presente una bar (che a noi è stato molto utile per comprare litri di acqua)
- A seconda dell’orario prenotato ci si deve presentare davanti all’ingresso dove è presente tantissimo personale per dare indicazioni. Entrati dalla prima porta si effettuano i controlli con i metal detector e si ritirano le cuffiette per ascoltare la guida.
Consigli pratici per sostare ad Auschwitz
- davanti all’ingresso del campo c’è l’ingresso per un parcheggio. Vicino ci sono due alberghi un ristorante e un supermercato.
- Il parcheggio È un parcheggio, ma è consentita la sosta notturna. Il costo è di € 14.00 per 24 ore. È tutto in cemento non eccessivamente pulito, chiuso all’ingresso con una sbarra e recintato. Sorvegliato tutto la notte. Alla sera e al mattino arrivano anche i pullman a scaricare e caricare le persone.
- È possibile usufruire della corrente elettrica
- Nel parcheggio sono disponibili anche i servizi igenici, a pagamento e con orari da uffici: 8,30 di mattina, chiusi in pausa pranzo, e chiusura serale alle 17.00. Non basta pagare per entrare, occorre pagare per la doccia, per la pipì, dentro a quei bagni ogni movimento è a pagamento.
- L’ombra in questo parcheggio è pressochè sconosciuta.
- Le coordinate del parcheggio sono 50° 01,592’N 19° 11,964’E, ma è facilmente raggiungibile seguendo le indicazioni sui cartelli.
Un ringraziamento particolare a Margherita, la nostra guida parlante italiano che con passione, semplicità, delicatezza, e dolore ci ha mostrato l’orrore
Lascia un commento